Il boeugi (Le buche)
Anche al boeugi si giocava generalmente in piazza, sebbene fosse adatto qualsiasi luogo che avesse il fondo in terra battuta e fosse abbastanza spazioso. Il fondo in terra battuta era necessario per potervi scavare le buche, e lo spazio ci voleva per potersi allontanare di corsa dalle stesse".
Se mi passate l’apparente contraddizione definirò quello delle buche un gioco di gruppo individuale, nel senso che si giocava in tanti ma ognuno per sé contro tutti gli altri. Almeno in teoria, perché poi nella pratica qualche alleanza non dichiarata si poteva stabilire, qualche favore si poteva scambiare. Ma andiamo con ordine.
Occorreva intanto una soda palla di pezza (come quella del Bèes), una per tutti, e occorreva una buca per ogni partecipante al gioco.
Le buche, naturalmente, si facevano sul posto, scavandole con l’aiuto di un legno o di un sasso e rifinendole a mano per compattarne i bordi e le pareti. Ognuno scavava la propria ma tutte dovevano avere la stessa dimensione, che era quella di una scodella di capienza media. Erano disposte per il lungo, in fila indiana, molto vicine una all’altra. Cominciamo.
La prima fase del gioco e di ogni turno successivo consisteva nel far rotolare la palla di pezza, come fosse una boccia, verso le buche, con lo scopo di farla entrare in una di esse. Ogni giocatore, a turno, effettuava questo tiro (da una distanza di circa due metri dalla buca più vicina) mentre tutti gli altri stavano a lato delle buche, chini sulle medesime, ciascuno avendo ben presente qual era la propria.
La palla parte, rotola verso le buche e, a seconda della forza impressa al tiro, si ferma nella prima o nella seconda, oppure le scavalca entrambe e va a fermarsi in una delle successive, magari in quella di chi ha tirato. La palla sta ancora assestandosi in una buca quando il titolare di quella buca scatta a raccoglierla. Tutti gli altri sono già schizzati via, a raggiera, ma lui mira a uno e gli scaglia contro la palla. Se è centrato, il colpito avrà una penalità; se è mancato, la penalità sarà per chi ha tirato. Ma attenzione: il fuggitivo colpito può raccogliere la palla da terra e scagliarla a sua volta verso un altro, e così via, ripetendosi le eventualità che ho detto, fino a quando uno fallirà il bersaglio e la penalità sarà definitivamente assegnata e marcata con l'introduzione di un sassolino nella buca del penalizzato. Credetemi: ho cercato di essere il più conciso possibile ma di sicuro il sassolino è già nella buca mentre io sto ancora scrivendola.
Un altro giocatore farà rotolare la palla cercando di farla andare in una buca (anche perché, se non ci riesce, un sassolino finirà nella sua); ci saranno altre fughe, altri tiri, altri sassolini nelle buche: qui e lì due, là e qua tre, in questa, e magari anche in quella, quattro. E da adesso si fa sul serio, perché il quinto sassolino fa male, come vedremo; e adesso si può fare e ricevere un favore perché chi è di turno a far rotolare la palla può tentare di non farle raggiungere o di farle scavalcare la buca del più amico tra gli amici, specialmente se questa ha già quattro sassolini.
Ma è sicuramente prossimo il momento in cui una buca ne avrà cinque e il titolare di quella buca, avendo perso il primo gioco, dovrà prepararsi a passà 'l mài, a passare il maglio.
Ecco tutti gli altri disporsi su due file di fronte, a braccia alzate, lasciando tra una fila e l’altra soltanto lo spazio per il passaggio del perdente. Ecco costui infilarsi in quello spazio e percorrerlo ingobbito il più velocemente possibile, proteggendosi la testa con le mani mentre un mulinare di braccia gli fa cadere una gragnuola di colpi sul groppone, certo, le pacche sulla schiena si sentono, e dopo il passaggio sotto quelle doppie o triple forche caudine non sarà facile recuperare immediatamente la posizione eretta. Specialmente se qualcuno, trascinato dalla foga da un vecchio risentimento, avrà menato una botta più dura (in questo caso chi l’ha presa la incassa col sano proposito del "buon rendere" e chi l’ha data sa che più prima che poi toccherà a lui).
Pacche che si sentono, dicevo, e che tuttavia non hanno mai costretto nessuno a rinunciare al turno di gioco successivo che, spazzate le buche, ha subito inizio. E nessuno, finito l’ultimo gioco, se ne andrà senza aver piegato un’ultima volta la schiena indolenzita per colmare diligentemente la propria buca.
Tratto dal libro di Deo Ceschina
Si ringrazia la moglie Elisa Ceschina per la pubblicazione