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torrente

Burghént e Burghenton sono i nomi di due "pozze" (che voi potete anche chiamare "vasche naturali") create come tante altre in diversi punti del proprio letto dal torrente che scorre nella valle del Mulino. Questa valle, che per buona parte della sua lunghezza segna il confine tra il territorio di Pigra e quello di Colonno e quindi divide la Val d’Intelvi dalla Tremezzina, al suo sbocco nel Lago di Como si chiama Val di Camoeugi. I Pigresi pero l’hanno sempre chiamata e continuano a chiamarla Valle del Mulino perché sulla sua riva destra, e quindi in territorio di Pigra, giravano un tempo (più o meno fino a cent’anni fa) le ruote a pale di due mulini, di cui restano ancora poche tracce.

Nella Valle del Mulino affluiscono tutti i torrenti che scorrono a est di Pigra, cioè al Quai dal Busan, al Quai di Cugnoo, al Quai dala Neef e altri minori, alcuni confluendo tra loro prima di raggiungerla, Vi confluiscono anche il Quai da Màlach e il Quai da Frécia, due dei tre torrentelli che attraversano l’abitato. (All’uscita dal paese il Quai da Frécia diventa Quai da Riif e poi, molto più a valle, Quai da Guss). Il terzo era il Quai da l’Era, che si perdeva nel terreno poco sotto il paese, Nei tempi di cui parlo tutte tre erano scoperti per quasi tutto il loro corso anche nell’attraversamento dell’abitato: come, nello stesso periodo, i navigli di Milano... In alto del paese, in un tratto relativamente pianeggiante, il Quai da Frécia formava un paio di piccole pozze in cui le donne di quel "cantone" andavano a lavare i panni nell’acqua fredda e limpida, sempre ché appena più a monte non ci fossero bambini o ragazzi che la intorbidivano con i loro giochi.

Torniamo nella Valle del Mulino. Seguitando il discorso di carattere idrogeografico che mi sta severamente impegnando, vi dir che quelle pozze (voi continuate pure a chiamarle vasche naturali) di cui parlavo all’inizio si fermano naturalmente ai piedi delle cascatelle frequenti lungo il corso dei torrenti di montagna: più alta e ripida è la cascata (ma nei punti agibili del torrente si tratta al massimo di un paio di metri), più profonda è la pozza ai suoi piedi (e siamo ancora, al massimo, sui due metri). Poi la pozza, che è larga quanto è largo il letto del torrente in quel punto ed è incassata fra le rocce, diminuisce gradatamente di profondità fine a sfociare, in pochi metri, al livello a cui il torrente scorre, per un certo tratto, quasi orizzontale.

Bene, nel Burghént e nel Burghenton (c’era anche un Burghintìn, come c’erano un Salàm e un Padelòt, ma erano pozze piccole), noi ragazzi di Pigra andavamo, d’estate, a fare il bagno. Ma dov’è il gioco?, si dirà. Beh, se il gioco è divertimento, fare il bagno in quelle pozze era un divertimento e quindi era un gioco.

Partivamo da Piazza S. Rocco, al centro del paese, subito dopo il pasto di mezzogiorno (vale a dire non oltre le 12,30) e facevamo di corsa, e a salti, la strada tutta in discesa che porta alla Valle del Mulino. Facevamo a chi arrivava prima, e nel giro di una dozzina di minuti il più veloce si toglieva di dosso il sudore della corsa tuffandosi nel Burghént.

Ignoro vergognosamente la temperatura dell’acqua dei torrenti di montagna, ma se vi dico che e fredda potete credermi. Potete credermi anche se vi dico che a nessuna di noi piccoli incoscienti e mai capitato il minimo inconveniente per non aver rispettato le sagge regole di non bagnarsi se si è accaldati e con la digestione in corso.

Dopo il bagno ci si sdraiava a pancia in giù sui grandi massi disseminati lungo il letto e il greto del torrente per farsi asciugare, di sotto, dal calore del sasso, e di sopra dal calore del sole. La sensazione era così piacevole, e così piacevole era il tuffarsi nell’acqua limpida, che il bagnarsi e l'asciugarsi erano ripetuti più volte nel corso del pomeriggio.

Tra un bagno e l’altro i più piccoli immettevano, a monte, in qualche rivoletto che nei tratti pianeggianti sempre accompagna ai lati il flusso principale, dei legnetti che la corrente trasportava. Ciascuno aveva scelto accuratamente il proprio con la convinzione che sarebbe sceso più veloce degli altri arrivando per primo al traguardo prefissato più a valle. Lungo il percorso i legnetti erano allegramente incitati, fino al grido d’esultanza del vincitore. Quei legnetti erano le nostre ”macchinine".

Il Burghenton, un bel po' più a valle, era una pozza molto più grande e profonda del Burghènt. Le sue pareti erano coperte di muschio e l’acqua vi era più fredda perché la pozza era affiancata da una fitta vegetazione che la nascondeva al sole e chiudendosi a cupola sopra di essa la teneva in una penombra quasi misteriosa, In compenso, per i riflessi del muschio e delle fronde, era di una indicibile limpidezza verde.

Certo i bagni più comodi si facevano nel sarai, le rare volte in cui concorrevano le circostanze che consentivano di riempire con l'acqua del torrente la grande vasca superstite del Mulìn dal Tata. (Una di quelle indispensabili circostanze era la temporanea assenza, nei cascinali sul fianco opposto della valle, dei ragazzi che salivano da Colonno negli alpeggi estivi di quel paesotto lacustre. Per una rivalità che si perde nella notte dei tempi e per la quale non era pensabile, per esempio, che Pigresi e Colonnesi potessero fare il bagno insieme nella Valle del Mulino, quei ragazzi distruggevano di sera il canaletto che noi avevamo ripristinato di giorno per fare affluire acqua dal torrente alla vasca).

Il sarai del Mulìn dal Tata, ricavato in posizione sopraelevata sul fianco della valle, era vicino al Burghènt, aveva forma tondeggiante, un diametro medio di otto o nove metri, una profondità massima di oltre due metri, Bene esposta al sole, che vi intiepidiva l’acqua, nei giorni fortunati la vasca era frequentata come una piscina di città.

Sempre piena invece era la vasca del Mulìn dal Mulinée, sopravvissuta in buone condizioni al mulino. Era molto più a monte e si raggiungeva, dal paese, percorrendo altre strade e altri sentieri. Più piccola dell'altra come superficie ma molto più profonda (almeno tre metri), non era riempita dal torrente che le scorreva a lato ma da acqua sorgiva che sgorgava, visibile, da una roccia soprastante.

Ignoro anche la temperatura alla fonte dell’acqua sorgiva, ma se mi avete concesso che l’acqua di torrente sia fredda potete tranquillamente concedermi che quella di sorgente sia ”gelata". Se, col presupposto di fare il bagno in quell’acqua, la "saggiavi” con la punta di un dito, tornavi a casa. C’era un solo modo di entrarvi: pensare ad altro e buttarcisi. lo ci sono entrato una volta, perché anche quella era una prova da superare,

Non trovo una situazione pratica da citare come termine di confronto per descrivere la sensazione di quell’impatto, ma avete presenti i personaggi dei cartoni animati quando vengono folgorati dalla corrente elettrica? Ecco, una cosa cosi. Poi le risorse dell’età e il dio dei ragazzi e degli incoscienti ti scioglievano dalla paralisi e ti accompagnavano a riva.

Per finire, voglio dedicare due righe anche al Quai di ciap, il torrente delle rocce, lungo il quale spesso ci si inerpicava ritornando dal Mulìn dal Tata. Quasi sempre asciutto, aveva alcune belle paretine ripide da scalare in arrampicata libera, salendo di quota fino alla Strada da Loeumia che poi ci portava a casa, pronti per domani.

Tratto dal libro “d'ind'èi d'indè” di Deo Ceschina - Si ringrazia la moglie Elisa per la pubblicazione.