Chi ha conosciuto il Pin sa che sto parlando di una persona esemplare. Tipo tranquillo, calmo, simpatico, sempre pronto alla battuta spiritosa, mai visto arrabbiato, insomma una persona semplice alla “bona” come diciamo noi in dialetto; anche lui piuttosto piccolino come me (suo figlio è il Renato “Bombolaio”, quello che ci porta le bombole o cherosene ancora attualmente, che tutti conosciamo e ha preso molto dal papà.
Io il Pin l'ho conosciuto già da quando faceva il “Casee”, quello che fa i formaggi e vende il latte. Come tutti sapete al pian terreno della Società Operaia detto “Cason” cioè Casagrande, dove ora ci sono i garage, c'era la latteria dove chi aveva le mucche portava il latte da vendere e per fare i formaggi. Noi in famiglia non avevamo la mucca quindi io ero uno di quelli che andava a prendere il latte col mio “Tulin” (secchiello) assieme ad altri ragazzi. Bisognava mettersi in fila e uno alla volta, il Pin, in base a quanto latte uno comperava col misurino glilo rovesciava nel secchiello. Questi misurini partivano da un quarto fino a un litro di latte appena munto.
C'erano due file diverse, una per chi portava il latte e una per chi comprava.
Il Pin, l'ho poi ritrovato a Lugano a lavorare fino alla pensione, perché si sa che col tempo le cose cambiano, le mucche pian piano sparivano e la campagna da sola non risolveva i problemi economici della famiglia. Quindi chiusura del Cason. Anche lui come tanti ha dovuto adeguarsi ad un altro tipo di lavoro.
Ho dovuto anticiparvi questo per farvi conoscere il Pin, perché durante l'era fascista ha avuto una storia abbastanza curiosa.
Riparlando ancora dei tedeschi, di quando arrivavano nei nostri paesi a cercare le persone abili da portare al fronte, apro una parentesi vorrei per un attimo spiegarvi come mai cercassero di più la gente che viveva in montagna, perché dicevano che gli uomini erano più abituati a sforzi fisici e a sbalzi di temperatura, quindi avevano una struttura più resistente e solida, senza togliere niente a chi abita in città, se poi dovessimo tornare alla guerra 1915-18 combattuta quasi tutta in montagna contro gli austriaci, dalle immagini di documentari storici, vediamo che chi portava i pezzi di cannone o altro erano quasi sempre esclusivamente Alpini o Artiglieri coi loro muli (naturalmente con tutto il rispetto per gli altri Corpi Militari) chiudo la parentesi.
Tornando al discorso, in paese ancora molto tempo prima che entrassero questi tedeschi, del Pin non c'era nessuna traccia. Sua moglie, l'Antonietta, diceva che suo marito era partito per il fronte da un bel po', perchè era stato preso dai tedeschi a Blessagno e l'avevano mandato al fronte, con il dispiacere di lei e paesani e il commento era: “Povero Pin, chissà se lo rivedrò ancora”. (circa anno 1943)
Il Pin e la moglie Antonietta prima abitavano sulla strada che porta alla Società Operaia, quasi in fondo, dove c'è quel gruppetto di case attaccate di fronte alla colonia.
Passa un anno dalla partenza del Pin, ma notizie non arrivano. Tanta gente incominciava a ritornare ma lui no, con il dispiacere della moglie, dei vicini e del paese. Passa un altro anno, ormai la guerra era finita e ancora niente, novità del Pin non ce ne sono, quindi la gente incomincia a pensare che ormai era dato per disperso e che non sarebbe più ritornato al paese e cercavano di consolare la moglie. Ma una mattina, dopo che la guerra era finita da un mese o più e stava tornando la tranquillità e la normalità, gli uomini che si ritrovavano in piazza a discutere e parlare di questo, videro ad un tratto comparire come un fantasma e lo stupore di tutti: il Pin.
Subito lo abbracciarono tutti contenti e alla domanda: “Meno male che sei ritornato”, lui rispose: “Ma io non sono mai partito”. Tutti rimasero stupiti da questa risposta, pensando scherzasse come sempre.
“Io sono sempre rimasto a casa” ripeté, “mi ero nascosto nel pollaio e solo la moglie Antonietta lo sapeva.” E uno disse “allora tu sei stato più di 2 anni chiuso in un pollaio e neanche i vicini se ne sono accorti” e lui ripeté che era stato proprio così; a questo punto tutti si fecero una bela risata ironica, perché nessuno avrebbe mai immaginato che una persona così semplice e alla “bona” avrebbe avuto questa brillante idea per avere salva la vita.
Certo che è stata una bella idea a lieto fine, ma anche per lui e sua moglie non deve essere stato certo facile per più di due anni tenere nascosto questo fatto al vicinato e al paese.
Anche questa storia ci insegna che certe volte sbagliamo a giudicare una persona dall'apparenza o dal modo di comportarsi o agire, ma bisognerebbe conoscerla di più profondamente, perché dentro a ognuno di noi possediamo delle capacità e delle risorse insospettate che se siamo capaci di metterle in opera e in pratica nel modo giusto e intelligente, queste qualità fan di noi una persona molto utile per la società.
Scritto da Eliseo Cescina – marzo 2010